domingo, 4 de noviembre de 2007

Aprire la finestra di notte, sorridere per sedurlo, tenere gli occhi semichiusi per vedere luce nel buio, lasciare all’umiditá il piacere di sdraiarsi sulla pelle, annusare la pesantezza dell’aria, ascoltare il concerto di grilli insonni, respirare l’odore di erba da poco tagliata, sentire le narici irritate dal freddo, permettere a viziosi profumi notturni di invadere la camera dei sogni e fare tutto ció in segreto per non svegliare la gelosia di chi mi possiede. Vidi l’ombra del suo profilo delinearsi sul muro, non so se mi stesse spiando in quel momento però una scossa di adrenalina mi scese lungo le gambe. Indietreggiai di due passi senza girare le spalle, sollevai il mento e mi abbandonai alla lussuria del vento che da minuti si diceva impaziente d’incontrarmi; batteva i balconi e fischiava feroce, accondiscesi per non alimentarne la furia quindi sentii un intenso flusso accarezzarmi le gote prima e prendermi la mano poi. Iniziai a saltellare ridendo, senza ragione apparente, volteggiare sul letto, ansimare, fluttuare con le pieghe della vestaglia, capriolare sul tappeto, saltare pericolosamente dalla poltrona al letto, dal letto alla poltrona, ansimare, battere istericamente i pugni sulla porta intonando frastornate parole, agitare braccia e capelli, ansimare. Esausta e senza fiato caddi al suolo, iniziai a piangere con le palpebre serrate, mi macava il coraggio di guardarlo, non sapevo se tuttavia stava in camera ma ne percepivo la minaccia. Sembrava cercasse il colpevole nelle camere adicenti: dopo aver punito la mia audacia ne cercava il responsabile. Mi lasciò lui, gridando.